sabato 1 luglio 2017

8. I Boshimani


La tappa odierna di 420 km, 220 dei quali di sterrato, si preannuncia molto impegnativa e con il rischio di non trovare benzina sul percorso. La meta è Tsumkwe all'estremità Est della Namibia nei pressi del confine col Botswana dove alcune comunità di Boscimani vivono ancora secondo le ancestrali tradizioni. Spostandoci ad est saliamo anche di quota ed il paesaggio ancora una volta cambia decisamente. L'erba è più verde ed anche la vegetazione è più rigogliosa, evidentemente l'acqua da queste parti abbonda.
Attraversiamo la città di Grootfontein con la sensazione di non essere più in Namibia. Splendidi viali con erbetta verde ai lati, nuovi edifici in muratura al posto delle solite baracche di lamiera ondulata e stazioni di servizio nuove di zecca con annesso fast food e minimarket.
Procediamo speditamente ed alle 10 circa siamo all'inizio dello sterrato che alcuni hanno definito terribile, forse il più impegnativo di tutta la Namibia.
Una breve sosta per indossare la mascherina e poi via ad affrontare questo spauracchio che in realtà si rivela essere molto simile ai precedenti, tranne che per un tratto dove alcuni camion stanno scaricando terra sulla sede stradale con l'intento poi di allargarla, livellarla e speriamo, rullarla. 
Peccato che manchi il sincronismo, quindi siamo costretti a transitare sulla terra che è talmente soffice da sembrare sabbia e con una certa difficoltà riusciamo a superare il tratto in questione lungo all'incirca 1 km.
Lungo il percorso incontriamo solo poche auto, un carretto trainato da asini e due persone che si stanno spostando a cavallo.
Dopo un centinaio di km ci troviamo di fronte ad uno sbarramento dove vengono fatti meticolosi controlli sulle merci trasportate. Probabilmente trattasi ancora della Red Line già attraversata in senso contrario salendo verso Opuwo.
Nel primo pomeriggio arriviamo senza difficoltà alla tanto agognata Tsumkwe che si rivela essere poco più di un villaggio in mezzo al nulla nei pressi del confine col Botswana. La priorità è di trovare la benzina per il ritorno, visto che alcuni su vati forum avevo letto che a Tsumkwe la pompa ne era spesso sprovvista.
Individuiamo facilmente l'unica pompa di benzina nel raggio di 300 km, che seppur malandata è funzionane, e ne approfittiamo subito per fare il pieno. Immediatamente veniamo circondati da uno stuolo di ragazzini sporchi, trasandati e scalzi che il benzinaio scaccia in malo modo. Si avvicinano anche alcuni soggetti sgangherati, probabilmente di etnia San, chiedendo soldi in cambio di piccoli oggetti di artigianato.
Altri giovani più evoluti, fanno le foto col telefonino, sopratutto alle moto che alcuni di loro vedono per la prima volta.
La prima impressione non è buona ma voglio aspettare di saperne di più prima di esprimere un'opinione.
Lasciamo velocemente il benzinaio in cerca del nostro Lodge, l'unico nel raggio di 250 km e che troviamo più avanti, 2 km fuori dal paese.
Il lodge è semplice, ben curato, con piante e fiori dappertutto. Gli chalet sono in faesite simili ai moduli abitativi dei terremotati ma molto più spartani. Ci riceve la direttrice, una signora bianca dai capelli rossi, che chissà come, quando e perché è finita in questo buco sperduto ai confini del mondo.
Concordiamo con la donna e con una guida boscimana l'escursione al villaggio dei San per il giorno seguente.
Mentre attendiamo l'ora di cena assistiamo ad una spassosissima scena che ha come protagonisti una decina di persone intente a posizionare all'interno del bar un vecchio frigor della CocaCola. E pensare che nell'azienda dove ho lavorato per tanti anni bastava 1 operaio munito di carrellino per fare lo stesso lavoro. Ma qui siamo in Africa e non a Bergamo.
La cena è a base di bistecca di Kudu, una grossa antilope dalle corna ritorte. La carne è magrissima, senza neppure un nervetto ed è anche cotta al punto giusto.

La notte, anche all'interno del bungalow, è stata decisamente gelida. Alle prime luci dell'alba, intorno alle 5:45, esco per scattare qualche foto al sole che sorge, il quale nel giro di un'oretta è già alto nel cielo e comincia a mandare il suo piacevole tepore.
Alle 9 si presenta la nostra guida con una vecchia Land Cruiser che nonostante i suoi 580.000 km fa ancora la sua bella figura a parte la sassata nel parabrezza.
Partiamo per la visita al villaggio dei San che ora preferiscono essere chiamati boscimani. Secondo l'opinione prevalente, i san sono gli antenati dell'attuale popolazione della terra. L'origine di questo popolo risale a 22.000 anni fa ed è da questo ceppo che si è sviluppata l'umanità così come la conosciamo oggi.
Ci vuole una buona mezz'ora di guida in fuoristrada per arrivare al villaggio dei boscimani. I boscimani, popolo nomade di cacciatori e raccoglitori, fino agli anni 60 erano numerosissimi in quest'area, poi sono drasticamente diminuiti a causa della migrazione verso i centri abitati riducendosi spesso a fare una vita da mendicanti. Attualmente pare che tra la Namibia e il Botswana se ne contino circa 9.000 rimasti fedeli alla loro cultura tradizionale e noi stiamo per incontrarne  un piccolo gruppo. Trascorreremo con loro una mezza giornata indimenticabile.
Giunti al campo, fatto da semplici capanne di paglia e cellophan incontriamo dapprima i vecchi della comunità che ci accolgono con un caloroso benvenuto. Poi si mettono a nostra disposizione e possiamo osservarli mentre accendono il fuoco con dei pezzetti legno ed erba secca. Un altro sta costruendo un piccolo portafrecce di legno utilizzando una specie di zappetta autocostruita.
Passiamo poi ad incontrare le donne e i bambini che altrettanto festosamente si lasciano ammirare e fotografare mentre sono impegnate nelle loro abituali occupazioni.
Sia gli uomini che le donne indossano dei semplici perizomi realizzati con pelli di animale, probabilmente capra. Con lo stesso materiale confezionano anche delle piccole bisacce dove riporre gli alimenti che raccolgono nel bush ed anche dei contenitori che utilizzano per trasportare i loro bambini sulla schiena.
La fisionomia e i caratteri del viso così come la statura sono molto diverse rispetto a quelle degli himba. I san sono più bassi di statura e i lineamenti sono più marcati e spigolosi. E' evidente che si tratta di un'etnia totalmente diversa.
Dopo questo primo approccio partiamo per quello che viene chiamato "bush walk", in pratica una passeggiata nella boscaglia al loro seguito mentre sono impegnati a raccogliere bacche, dissotterrare tuberi, catturare piccoli animali con trappole rudimentali.
Dai tuberi, di varia natura, a volte scovati a 40/50 cm di profondità osservando dei piccoli indizi rivelatori in superficie,  ricavano anche i liquidi di cui hanno bisogno per vivere.

Il risultato di questa attività è stupefacente. In poco tempo riescono a procurarsi una quantità di cibo che in parte mangiano sul posto e in parte portano all'accampamento riponendolo nelle loro bisacce.

Il tutto senza utilizzare attrezzi. Per spelare i tuberi usano dei rametti che rompono in modo tale da ricavarne delle lame. Per fare le trappole utilizzano delle lunghe erbe che al loro interno hanno delle fibre che estraggono e arrotolano per farne una specie di resistentissimo spago. Il tutto sul posto, in diretta, davanti ai nostri occhi increduli.
Passiamo così due interessantissime ore in loro compagnia prima di tornare al campo dove le donne improvvisano una rudimentale danza, accompagnandosi con una cantilena sempre uguale.
Il ritmo e le parole sono discutibili ma l'impegno dimostrato e l'allegria che le circonda sono davvero emozionanti e ne approfitto per fare un breve filmato.
Alla fine della visita ci congediamo acquistando a poco prezzo qualche collanina e braccialetto da loro realizzati. Mi allontano da loro totalmente soddisfatto ed appagato.

Chissà per quanto tempo ancora riusciranno a vivere in questo semplice modo, isolati dal resto del mondo e privi dei più elementari servizi. Temo che fra pochi anni, così come già detto per gli himba, tutto questo non esisterà più e sarà solo un lontano ricordo. Mi ritengo pertanto un privilegiato per averne fatto parte anche se solo per poche ore come spettatore.