sabato 1 luglio 2017

2. Canyon - Diamanti - Deserti


Oggi inizia il viaggio per davvero. La sveglia è alle 6:30 e noto con piacere che è già chiaro. Dopo aver caricato le moto avendo cura di distribuire al meglio il vestiario, le attrezzature e i ricambi, consegniamo alla reception le valigie per custodirle fino al nostro ritorno.
Alle 8:30 lasciamo Windhoek sotto un cielo terso con 14 gradi di temperatura e con il sole già bello alto. La tappa di oggi è la più lunga di tutto il viaggio: circa 700 km, dei quali più di 200 di sterrato che ci auguriamo essere in buone condizioni.

I panorami scorrono veloci a lato della lunga e dritta strisca di asfalto che si snoda verso sud in direzione del Sudafrica. Alle 10 ci sono già 20 gradi e poi sempre più su fino a toccare i 28 verso le due del pomeriggio. Si sta bene, non si suda minimamente, l'aria è comunque fresca e pulita totalmente priva di inquinamento. Lungo la strada, il nulla, a parte qualche piccolo insediamento che incontriamo ogni 200/250 km dove c'è la pompa di benzina e solitamente anche un minimarket.
Anche il traffico è pressochè inesistente. Solo qualche camion e poche auto, generalmente Toyota. La gente guida con prudenza rispettosa del codice della strada, niente a che vedere con i comportamenti poco ortodossi degli abitanti della maggior parte dei paesi africani. L'asfalto è buono, i cartelli sono ben visibili e dettagliati, il parco macchine è recente con forte prevalenza di Suv e Pick-up.
Mi stupisco pure del fatto che a bordo strada non c'è l'immancabile tappeto di bottiglie, lattine e sacchetti di plastica che solitamente si riscontra nei Paesi africani e questo la dice lunga, a mio parere, degli effetti di lungo periodo prodotti dalla colonizzazione tedesca.

Dopo aver lasciato alle spalle la cittadina di Keetmanshoop, dove abbiamo fatto rifornimento di benzina e acqua, (entrambe introvabili lungo il percorso) imbocchiamo il primo sterrato che affrontiamo con una certa apprensione. Fortunatamente trattasi di un bel tracciato ondulato, con il fondo consistente, senza buche e con un po di brecciolino ben distribuito sulla superficie.
L'unico problema è rappresentato dalla polvere che ci obbliga a viaggiare distanziati di qualche centinaio di metri l'uno dall'altro. Un discorso a parte meritano invece i pick-up e i camion camperizzati che, viaggiando a velocità sostenuta, alzano delle enormi e fitte nuvole di polvere che ricordano vagamente quelle nuvole alzate dai bisonti nei migliori film di Jhon Ford.


Siamo Diretti al Fish River Canyon tenendo una velocità prossima ai 100 km orari e che raggiungiamo al tramonto per le prime suggestive fotografie. Lo spettacolo che si presenta ai ai nostri occhi è grandioso ed emozionante. Siamo di fronte ad uno dei più grandi canyon al mondo, lungo 160 km, largo fino a 27 km e profondo fino a 550 metri. Si fa fatica a credere che sia stato scavato da quel fiumiciattolo che ora è ridotto a poco più di un rigagnolo.
Lasciamo lo spettacolo stupefacente del Canyon per raggiungere il Canyon Roadhouse Lodge a 25 km di distanza, con l'intenzione di tornare comunque la mattina successiva per altre fotografie.
Il lodge è molto particolare ed insolito, arredato dentro e fuori con carcasse più o meno belle di vecchie auto americane dando l'impressione di trovarsi in una stazione di servizio sulla Route 66.L'ambiente risulta comunque simpatico anche se un po kitch.



Per la cena siamo indecisi tra una bistecca di Springbock o una di Orix, animali selvatici a noi sconosciuti. La giovane e gentile cameriera ci mostra le foto degli animali per aiutarci a scegliere. Propendiamo per il primo che è una specie di piccola antilope molto snella e, come ci spiega la ragazza, procede con ampi balzi nel bush. La carne è tenera e saporita, lasciandoci tutti e tre più che soddisfatti della scelta fatta. Nei giorni a seguire, dopo aver imparato ad apprezzare ed ammirare questi splendidi animali, la decisione di mangiarceli sarà sempre più difficile anche se in alcuni casi obbligata.
Alle 20:30 siamo rimaste le uniche persone all'interno del locale dove ci tratteniamo a chiaccherare ancora per un'oretta circa fino a quando ci viene comunicato che il locale sta per chiudere obbligandoci a ritirarci nei nostri alloggi per il meritato riposo.

Essendo andati a dormire molto presto, alle 5 sono già sveglio riscontrando di persona che albeggia intorno alle 6 e subito dopo spunta il sole che si alza rapidamente sul bush circostante. Dopo colazione torniamo al Fish River Canyon per scattare altre fotografie alla luce del giorno e poi partiamo in direzione Nord-Est col proposito di raggiungere Luderitz, meta finale della tappa odierna di 440 km dei quali 150 su strade sterrate.
Anche oggi pochissime auto in circolazione. Troviamo il primo distributore di benzina a 250 km dall'ultimo rifornimento facendoci riflettere sull'opportunità di reperire tre taniche da 5 litri da usare in caso di emergenza. 
Il tempo è bello, il sole splende ma stranamente non riusciamo a scaldarci ed anche nelle ore più calde la temperatura non supera i 17°. Solo più tardi, consultando le mappe, ne capiremo il motivo: senza rendercene conto siamo saliti di quota transitando su di un vasto altopiano circondato da alte vette. Lungo il percorso ci fermiamo a fotografare uno dei numerosissimi termitai che anche nei giorni seguenti troveremo un po dappertutto ed anche un piccolo gruppo di Springbock, i primi animali che vediamo in queste lande inospitali e desertiche. 
Poco prima di Luderitz facciamo una deviazione su pista sabbiosa per visitare "Kolmanskop Ghost Town" un villaggio di minatori, ora abbandonato, che si trova nei pressi di una miniera di diamanti. Ci rendiamo subito conto di non essere i benvenuti nell'area poiché il personale della miniera, con fare arrogante, ci invita ad andarcene velocemente. In effetti avevo letto sulle guide che questa zona, denominata Sperggebiet, è ancora oggetto di concessione a due importanti società di estrazione e lavorazione dei diamanti che la difendono con vigilanza armata e recinzioni elettrificate.
Lasciamo la città fantasma e dopo aver superato un valico circondato dalle distese di sabbia del deserto del Namib, vediamo in lontananza, sulle rive dell'oceano, l'antica città coloniale di Luderitz che viene enfaticamente descritta come una città bavarese in terra africana. In realtà di bavarese è rimasto ben poco, tranne i nomi delle strade e qualche edificio dei primi del novecento. A parte questo vediamo solo edifici anonimi prefabbricati e una gran quantità di sportelli bancari. Prendiamo alloggio in una caratteristica gasthaus del 1906 gestita da sudafricani, e subito dopo ci precipitiamo affamati al ristorante indicatoci dal manager per una scorpacciata di pesce. Ci rendiamo subito conto che da queste parti non c'è una gran cultura sulla ristorazione e la fantastica cena a base di pesce si rivela un miraggio. Finiamo la serata con quattro passi per il centro, dove non incontriamo nessuno, a parte il personale addetto alla sicurezza dei bancomat.

La giornata successiva inizia con un giretto in moto per le vie di Luderitz con lo scopo di verificare se l'impressione della sera prima viene confermata o se ci è sfuggito qualcosa. Anche alla luce del sole, Luderitz si mostra come una triste cittadina un po decadente, con troppe banche, molti edifici disabitati e i grandi uffici delle società minerarie. 
Lasciamo questo pezzo di storia per dirigerci decisamente a Nord con l'intenzione di attraversare il vasto quanto temibile deserto del Namib percorrendo una strada sterrata che secondo le nostre informazioni dovrebbe essere praticabile.
I problemi però iniziano quasi subito. La pista è di sabbia, quella fine e asciutta dove si sprofonda senza pietà, ed in alcuni punti, a causa dello spessore del manto sabbioso, diventa molto difficile procedere. Dopo aver rimediato una caduta, fortunatamente senza conseguenze, e tenendo conto che i km ancora da percorrere in queste condizioni sono almeno 250, decidiamo di cambiare percorso spostandoci su strade meno impegnative se pur con un forte aumento del chilometraggio.

Ad una stazione di servizio facciamo amicizia con un motociclista di Cape Town di rientro a casa ed approfittiamo per raccogliere confortanti notizie fresche sulle condizioni delle strade viste con l'occhio del motociclista. E' pomeriggio inoltrato ed ai lati della strada cominciamo a vedere gruppetti di springbock che corrono agilmente e qualche orice che fugge impaurito non appena avverte il rumore delle nostre moto. All'imbrunire spuntano animali un po dappertutto. Facoceri che si abbeverano ad una pozza d'acqua, una colonia di grosse scimmie ci attraversa la strada. Poi ancora una famigliola di simpatici roditori simili a delle piccole marmotte, cavalli allo stato brado, grossi bovini gibbosi e tanti altri ancora. Riusciamo anche ad intravedere un fiammante tramonto col sole rosso così come lo si può vedere solo in Africa e poi finalmente raggiungiamo Maltahoe dove prendiamo due camere all'Hotel col medesimo nome.